Reportage

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L'autore si rende disponibile per proiezioni e conferenze aventi come tema i contenuti dei reportage realizzati.

Aconcagua

el Centinela de Piedra

L'Aconcagua, con i suoi 6962 m, è la montagna più alta al di fuori della catena Himalayana. Il suo nome è di origine incaica: Ackon (fatto di pietra) e Cahuak (colui che sorveglia). Una "sentinella di pietra" che imponente si staglia sulle aride pendici andine dell'Argentina, a pochi Km dal confine cileno. Forse non una montagna elegante, ma certamente severa e a cui va sempre dovuto molto rispetto. Scalata per la prima volta da Matias Zuerbriggen nel 1897, ogni anno vede centinaia di alpinisti cimentarsi lungo le sue numerose vie. Meno della metà raggiungono la vetta e, purtroppo, emergenze sanitarie e decessi sono tutt'altro che una rarità. Anche sulle vie di accesso tecnicamente meno impegnative, la quota (accentuata anche dalla ulteriore minore densità dell'aria dovuta alla latitudine) e venti che, provenienti dal vicino Pacifico, spesso soffiano a 120-150 Km/h portando il wind-chill facilmente a -40 °C, rendono la sua ascesa, anche durante l'estate australe, una sfida senza mezzi termini. Un coinvolgimento fisico e mentale senza indulgenze dove, più che la cumbre, è il raggiungimento dei propri limiti a determinare successi e insuccessi. (2014)

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Selvaggio Blu

a piedi, sospesi fra la roccia e il mare

Selvaggio Blu, un trekking che, nella sua originale e integrale versione, da Pedra Longa, nei pressi di Baunei (Sardegna), conduce in 5 giorni a Cala Sisine, uno dei luoghi più suggestivi della costa ogliastrina. Attraverso antichissimi sentieri aperti da pastori e carbonai, ma più spesso cercando di aprirsi un varco dove le tracce degli uomini svaniscono, gli occhi incontrano un connubio unico fra natura e testimonianze che faticosamente l'uomo ha costruito per sopravvivere in essa: ovili, ripari, incredibili serbatoi d'acqua celati nella roccia, aeree scale di ginepro sospese nel vuoto. E molto ancora, in un ambiente che, come suggerisce il nome del trekking, è selvaggio come solo pochi angoli della vecchia e popolosa Europa. Un percorso impegnativo, con tratti di arrampicata, varie calate in corda doppia e passaggi esposti, come un filo sottile a svelare una natura aspra, di una bellezza senza compromessi, a volte dura, ma sempre autentica, vera come il cuore delle genti che in essa hanno scandito le loro esistenze. (2013)

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Dolomiti

camminando sulle Alte Vie

Le Dolomiti, dal nome che il geologo francese Déodat de Dolomieu diede alla roccia che le compone, sono conosciute anche come i Monti Pallidi. Infatti, un'antica leggenda narra come gli gnomi Salvani avessero irretito quelle montagne con i raggi della luna sino a renderle luminosamente bianche. Fu così possibile per il principe del luogo poter vivere con la figlia del re della luna, la cui melanconia per i cupi boschi e le rocce scure le impedivano di corrispondere il suo amore. Leggende a parte, le Dolomiti assurgono di diritto fra le più belle montagne del mondo. L'Alta Via 1 (dal Lago Braies a Belluno) e L'Alta Via 2 (da Bressanone a Feltre) sono state i primi due percorsi nati per apprezzare nel modo più autentico una natura ineguagliabile. Create negli anno '60, esse avevano anche la funzione di aiutare a rimarginare le ferite fra popolazioni limitrofe che la Grande Guerra aveva dolorosamente aperto. I segni di quegli anni di sofferenze sono ancora visibili nelle trincee e gallerie che puntellano ad alta quota paesaggi che nulla hanno a che fare con gli orrori di quel conflitto. Tuttavia, l'operosità e la centenaria cultura delle genti di montagna hanno permesso di andare oltre: camminare per gli "alti" sentieri, può renderci partecipi non solo di incomparabili meraviglie, ma anche di valori profondi e testimonianze preziose. Esperienze che lasciano un segno profondo.  (2012)

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Vietnam

tra ricordi di guerra e un presente di impetuoso sviluppo

Vietnam: un nome che nell'immaginario collettivo è legato alla guerra con gli Stati Uniti che la corposa filmografia occidentale (Apocalypse Now, Platoon, Il cacciatore, Hamburger Hill, Nato il 4 Luglio, ecc.) ha cristallizzato nel nostro inconscio. Ma né la millenaria dominazione della dinastia cinese Han, né l'occupazione giapponese durante la II Guerra Mondiale, né quella francese iniziata nel 1883 e terminata con la sconfitta di Dien Bien Phu ad opera del generale Giap, né per ultimi gli americani, sono riusciti a piegare la volontà di indipendenza di un paese in realtà mite ed operoso. Ho Chi Minh (pseudonimo per "portatore di luce") è il riconosciuto padre fondatore della patria. Soprannominato affettuosamente Bac Ho (zio Ho) dai suoi seguaci, morì nel 1969, prima di poter vedere riunificate, nel 1975, la comunista Repubblica Democratica del Vietnam e, a sud del 17° parallelo, la Repubblica del Vietnam (supportata dagli USA che si sostituirono ai francesi nel clima da guerra fredda che opponeva l'occidente alla proliferazione del socialismo reale). Dopo un turbolento periodo alla fine degli anni 70 (l'esodo dei boat people dalla repressione anticapitalista, l'occupazione vietnamita della Cambogia contro i Khmer rossi sostenuti dalla Cina, e un breve conflitto con la Cina stessa), la situazione è andata lentamente normalizzandosi.
Ormai da tempo i vietnamiti hanno deposto le armi per tuffarsi in un vorticoso sviluppo scandito da una miriade di attività che fanno pulsare di vita metropoli e villaggi. Riallacciati regolari rapporti diplomatici con gli USA, la onnipresente Coca Cola è il segno tangibile della rivincita americana e del libero mercato sulle sconfitte belliche del passato e su una scena politica monopolizzata ancora dal Partito Comunista: fra il suono incessante dei clacson, pubblicità colorate e un traffico caotico, il Vietnam corre spedito nel giovane millennio. Senza dimenticare le sue tradizioni. (2011)

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Etiopia

sulle tracce dell'Arca dell'Alleanza 

Un lungo percorso alla ricerca delle testimonianze di una millenaria religiosità che affonda le sue radici nell'Ebraismo, lì dove la tradizione vuole che Menelik, figlio del re Salomone e della regina di Saba, abbia trafugato in Etiopia l'Arca dell'Alleanza contenente i 10 Comandamenti. Al di là questo, sono certi i legami fra l'Arabia meridionale e l'Etiopia, che in parte influenzeranno anche il potente regno di Aksum che raggiungerà il massimo fulgore tra il III e VI secolo. L'avvento del Cristianesimo, attorno al IV secolo, si tinge qui di peculiarità che conciliano riti ebraici con l'ortodossia copta di importazione egizia. Le celebrazioni del Genna (il Natale copto) e del Timkat (l'Epifania copta) sono due momenti in cui rivivono liturgie antichissime e profondamente radicate nella sensibilità etiope. Un caleidoscopio di raccoglimento, colori e tradizioni tutt'ora vissute con trasporto. La difficile accessibilità dell'acrocoro etiope (una regione prevalentemente ben oltre i 2000 m di altitudine) ha reso di fatto quasi inaccessibili molte chiese rupestri disseminate nella maestosa grandiosità del paesaggio del Tigray. Nemmeno le sanguinose lotte fra cristiani e mussulmani tra il 1490 e 1543, hanno scalfito la Fede della Chiesa Copta etiopica che rivive ancor oggi in preziosissimi manoscritti e oggetti sacri di inestimabile valore artistico. Non a caso, l'Etiopia è l'unico paese dell'Africa a non esser mai stato colonizzato, se si eccettua la breve parentesi dell'occupazione italiana dal 1936 al 1941, occupazione che non è mai riuscita ad avere un capillare controllo dell'enorme paese e che ha lasciato numerose tracce nell'architettura di stampo razionalistico (es. Gondar) e soprattutto in una rete stradale di migliaia di Km che ha dovuto fare i conti con un'orografia a dir poco problematica. Attualmente, compagnie cinesi stanno rimodernando quella rete viaria, in parte conservando e in parte cancellando quello che, al di là della valenza strategica, il regime dell'epoca aveva innalzato a testimonianza del primato italiano sul popolo etiope. La storia, poi, ha premiato la strenua lotta di quelle genti per la propria libertà. Oggi, dopo la caduta nel 1975 dell'ultimo imperatore Hailé Selassié, la fine del successivo regime socialista di Menghistu nel 1991, e il conflitto con i "cugini" eritrei del 1998, la regione si avvia, seppur fra molte vicissitudini, ad un cammino di normalità. (2011)

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Santuario dell'Annapurna

al cospetto della dea dell'abbondanza

L'Annapurna (dea dell'abbondanza, in sanscrito) con i suoi 8091 m è la decima vetta più alta della terra. E' stato il primo ottomila ad essere stato scalato (spedizione francese condotta da Maurice Herzog, nel 1950) e la sua ascesa, a tutt'oggi, risulta fra le più pericolose fra quelle d'alta quota. Circondata da vette "minori" di oltre 7000 m, il massiccio dell'Annapurna si sviluppa per chilometri descrivendo un anfiteatro che riporta alla mente un vero e proprio santuario. Con un trekking lungo il corso del Bhurungdi Khola si raggiunge dapprima la balconata di Poon Hill (3210 m) con splendide vedute su Dhaulagiri (8167 m) e Annapurna Sud (7219 m). Poi, fra foreste di rododendri e risaie, si raggiunge il piccolo villaggio di Chomrong, fulcro dell'Annapurna Conservation Area, dal quale si prosegue lungo la stretta valle del Modi Khola sotto l'imponente parete del Machhapuchhre (6993 m, ma mai scalato sino in vetta in quanto montagna sacra) fino all'omonimo suo campo base a 3700 m. Quindi, con il Gangapurna (7455 m) a nord e il poderoso Hiunchuli (6441 m) a sud, si entra nel magnifico santuario dell'Annapurna per attestarsi al suo campo base sud (4130 m) e ristorare gli occhi di visioni impossibili da dimenticare. (2010)

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I segreti della Nubia

viaggio lungo il Nilo alla scoperta di una storia millenaria 

La Nubia sudanese, compresa fra Khartoum e Wadi Halfa, al confine con l'Egitto, è una regione dove la storia affonda le sue radici nei millenni. Le sabbie del deserto Libico a ovest, di quello Nubiano e dell'Atmur a est, e di quello di Bayuda all'interno dell'ansa del Nilo, hanno custodito da sempre tesori archeologici in gran parte ancora da svelare. La Nubia, più volte citata nella Bibbia col nome di Kush e denominata dagli antichi egizi Ta-Sti (Terra dell'arco) per l'abilità dei suoi abitanti nell'usare tale arma, già dalla I dinastia faraonica (2900-2500 aC) era stata oggetto di spedizioni alla ricerca di schiavi, oro ed altri minerali. La crisi che colpì l'Egitto alla fine della VI dinastia (2345-2181 aC) portò alla fioritura della cultura nubiana di Kerma, una città-stato nei pressi della III cateratta. Con la cacciata degli Hyksos e l'ascesa del Nuovo Regno attorno al 1550 aC, gli egizi ripresero possesso della Nubia costruendo a Napata un grande tempio dedicato al dio Amon. Approfittando della decadenza del Nuovo Regno, attorno al 780 aC il re kushita Alara unificò l'Alta Nubia gettando le basi per quella che sarà la XXV dinastia, quella dei cosiddetti faraoni neri di cui Taharqa fu l'esponente maggiore, estendendo i suoi domini sino ai confini di Libia e Palestina. Con l'invasione assira dell'Egitto, la fase napatea iniziò il suo declino con la contestuale ascesa della più autonoma civiltà di Meroe, la cui scrittura ancor oggi non è stata decifrata. La pratica egizia di costruire piramidi per seppellire i nobili continuò, assieme a culti autoctoni come quello del dio Apedemak. Con la fine del regno Tolemaico e l'avvento di Roma sul Nilo (I sec. aC), dopo un iniziale periodo di conflitto, un trattato di pace garantì per circa 300 anni la prosperità del regno di Meroe. Nel III sec. dC inizia il declino di Kush, in parte associato a quello dell'Impero Romano, in parte a motivi ambientali e alle lotte col vicino emergente regno Axumita. Quando nel V sec. dC fu introdotto il Cristianesimo in Nubia, la storia di Meroe era finita.  Sorsero quindi 3 regni: quello di Nobadia (dalla I alla III cateratta, con capitale Faras), di Makuria (dalla III alla VI cateratta, con capitale Old Dongola) e di Alwa (sino ai confini di Axum, con capitale Soba, sul Nilo Azzurro). Makuria in seguito assorbì il regno di Nobadia e, seguendo il primato della Chiesa Copta di Alessandria d'Egitto, adottò il culto Monofisita. Grande fu l'influenza di Bisanzio, specie nell'arte e nell'architettura, come grande fu il ruolo dei vescovi, sia a livello spirituale che temporale. L'espansione araba, prima in Egitto e poi verso la Nubia, segnò l'inizio di una lenta decadenza dei regni cristiani nonostante un trattato di pace (baqt) che durò circa 600 anni. L'ascesa dei Mamelucchi in Egitto nel XIII sec, e i sempre più frequenti matrimoni fra mussulmani e cristiani dell'elite nubiana portò infine nel 1323 il primo re islamico a Old Dongola. Da questo momento in poi, sostanzialmente, il destino della Nubia fu legato alle vicende del più ampio quadro del Sudan. (2009)

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Yirol, the Lakes State

nel cuore dinka del Sudan 

Yirol, al centro dello Stato dei Laghi del Sudan meridionale, è lo specchio del difficile cammino verso la normalità dopo circa 22 anni di conflitto fra Nord e Sud del paese, una normalità appesa oggi agli accordi di Nairobi del 2005 e al recente referendum del 2011 per la secessione del Sud.

Situata in un'area di popolazioni di ceppo nilotico, una volta animiste, ora in larga parte cristiane,Yirol, pochi anni fa semplice agglomerato di capanne, è oggi un vivace centro impegnato in una ricostruzione innanzitutto di un tessuto sociale duramente provato dagli anni della guerra. Quasi quotidiani sono gli scontri a fuoco fra clan dinka, etnia semistanziale che individua nel bestiame un complesso sistema economico tribale, rendendo precario il delicato equilibrio geo-politico faticosamente raggiunto. Con interessi enormi (specie nel conteso sfruttamento dei giacimenti petroliferi) non sorprende che a farsi sentire siano sovente i kalashnikov piuttosto che le parole, prospettando un domani tutt'altro che scontato. (2009)

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Cordillera Huayhuash

un trekking attraverso la solenne bellezza delle Ande peruviane

Camminare. Per raggiungere un luogo, un posto che i moderni mezzi di comunicazione non hanno ancora incasellato nell’arida contabilità delle partenze e degli arrivi. Una distanza fra te e le tue aspettative che puoi colmare solo con il lento muoversi delle tue gambe, il ricorrersi dei pensieri fra un respiro e l’altro. Così la Cordillera Huayhuash, un tratto delle Ande peruviane, è stata la quinta di un trekking che si è snodato sotto lo sguardo severo di cime di una bellezza incomparabile, quasi difficile da misurare secondo gli usuali canoni estetici. Dalla base della vivace cittadina di Huaraz, incastonata fra la Cordillera Blanca e quella Negra, ci si è addentrati fra valli scoscese fino al piccolo villaggio di Pocpa dove l’autobus ha ceduto il passo a quell’andare a piedi che non conosce limiti se non quelli che la natura, o la propria mente, impone. Costantemente fra i 4000 e 5000 metri di quota, superando passi e laghetti ai piedi di vertiginosi ghiacciai, si è sfilati in riverente silenzio sotto le vette austere dello Yerupaja, dello Jirishanca, del Ninashanca, e di tante altre ancora senza nemmeno un nome, accompagnati solo dal sordo fragore del distacco di seracchi e valanghe e da quel senso di libertà che il camminare instilla nel profondo del tuo essere. Un procedere faticoso e stupito sino al passo S.Antonio (5015 m) da dove ammirare l’elegante profilo del Siula Grande (6445 m), lì dove si sono svolte le drammatiche vicende raccontate nel libro di Joe Simpson “La morte sospesa”, divenuto ormai un classico della letteratura di montagna. E poi ancora su e giù sentieri appesi a rocce dai colori violenti, gli incontri occasionali con i rari abitanti di lande dove le assenze riempiono il tempo, quando un fugace scambio di sorrisi è la misura della vicinanza e gli occhi incontrano la profondità di altri occhi. Dove il cielo è più vicino al senso delle vite che attraversiamo. Tutto questo è quello che le parole raccontano. Infinitamente meno di quello che il cuore, seppur per un breve attimo, ha sfiorato. (2008)

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Beira, Mozambico

fra provvisorietà e rinascita

Beira, seconda città per importanza del Mozambico, è uno spaccato della difficile e pulsante rinascita del paese dopo gli anni bui della devastante guerra civile seguita ai primi travagliati passi dopo l'indipendenza. 
Alla foce del fiume Pungue, capolinea del Beira Corridor, strategica via di comunicazione con lo Zimbabwe, la città, sorta nel 1884, è un coacervo di vie sonnolente, caotici mercati e informi baraccopoli. Scorci di decadenti edifici coloniali portoghesi si alternano ad architetture stile Bauhaus degli anni '50, così come la povertà si avvicenda a fuoristrada cromati ed impulsi capitalistici.
A ridosso di quella che, a inizi '900, si rivelava come una città senza legge con 80 bar e 4000 anime (spesso poco sobrie), l'ambiente era così scarsamente addomesticato che non era raro vedere dei leoni gironzolare per le vie del centro. Altri tempi.
Oggi, i leoni non ci sono più, praticamente scomparsi persino nei parchi nazionali a causa della caccia indiscriminata per approvvigionare di cibo i combattenti della guerra civile. Al loro posto, pedoni (tanti) e macchine (sempre di più), si contendono l'asfalto macilento della baixa dove bancarelle di ogni genere tappezzano marciapiedi e slarghi polverosi.
Lasciando il porto semi insabbiato di Beira per dirigersi verso il faro di Macuti, le buche delle strade finiscono per cancellarsi nella sabbia affacciata a un oceano reso limaccioso per chilometri dai detriti trasportati dal Pungue, lì dove, oltre le palme allineate su Avenida das Forças Populares da Libertaçao de Moçambique, su una spiaggia bianchissima, un brulicare di anime - con piccoli commerci, pesca ed espedienti, si conquista il diritto all'esistenza e il biglietto per un futuro in larga parte ancora tutto da scrivere. (2008)

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Kassala, East Sudan

crocevia di etnie e culla di spiritualità

Kassala, ai piedi dei picchi granitici delle Taka Mountains e a pochi chilometri dal confine eritreo, è attraversata dal fiume Gash che muore più a nord in un vasto delta interno. Secco per molti mesi all'anno, si gonfia improvvisamente durante la stagione delle piogge causando, come nel 2003, rovinose alluvioni.

La città, dimora spirituale dell'importante ordine Sufi di Kathmiyah, fu conquistata nel 1894 dagli italiani ai dervisci, per poi passare sotto il controllo del Condominio anglo-egiziano. Lo stato di Kassala, crocevia di varie etnie (i pastori Beja, i nomadi Rashaida, i Fellata provenienti dall'Africa occidentale, nonché numerosi profughi eritrei) risulta, a causa della marginalizzazione operata dal potere centrale di Khartoum e delle continue tensioni con l'Eritrea, una regione particolarmente sensibile, specie nell'area dell'Hameshkoreb .(2006)

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Nyala, South Darfur

ordinarietà e straordinarietà nella martoriata regione sudanese

Nyala, sulle antiche rotte carovaniere della gomma arabica e un tempo quartier generale dell'impero Daju tramontato verso la fine del XV secolo con la penetrazione dell'Islam, è oggi, assieme a El Fasher e Jenina, uno dei centri più importanti del Sudan occidentale. 

Kalma, Otash, Belil, sono solo alcuni dei campi profughi che assediano la capitale del South Darfur. Nutriti negli anni da rifugiati prima del Sud Sudan e poi del Darfur stesso, la città è l'emblema di una guerra a bassa (neanche tanto) intensità che appare e scompare dalle news dei media occidentali, ma che, appena lasciata la periferia di Nyala, diventa una cruda ineludibile realtà.
Così, in un paesaggio ocra fatto di polvere e sabbia, si compone - con abilità tutta africana - quell'invisibile equilibrio che misura uomini, ambienti e storie, momenti di vite che vengono ogni giorno reinventate affinché il sogno di una normalità possa sopravvivere al presente. (2006)

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Everest Base Camp

ai piedi del colosso himalayano

Un trekking attraverso la regione nepalese del Solo-Khumbu per raggiungere il campo base dell’Everest, o meglio del Chomo Lungma, come più propriamente è definito il tetto del mondo nella lingua tibetana e che significa “Dea madre della terra”, a testimonianza di un rispetto che trascende le velleità dell’uomo e guarda lassù non all’oggetto dell’affermazione del proprio io, ma ad una possibilità di intercettare una compassione, questa tutta buddista, di una montagna che è anche - e soprattutto - espressione e dimora degli dei.

Un’ascesa lenta e faticosa nel cuore del parco del Sagarmatha, l’altro nome nepalese dell’Everest, ovvero “alto in cielo”, accompagnati dal sorriso gentile della popolazione Sherpa e dalla presenza forte e sospesa di un’ininterrotta sequenza di cime scolpite di ghiaccio e luce.

Lungo sentieri scoscesi e traballanti ponti sul vuoto, dentro le pieghe delle proprie debolezze, si srotola una sorta di ascesa, interiore prima che fisica, per guardare con occhi nuovi dall’alto dei 5545 m del Kala Pattar, un mondo che sembra molto più fragile, ma anche infinitamente più bello dell’immagine che sappiamo darci di lui. E’ il fascino di un sogno, quando ogni passo è durissimo e misura la tua inadeguatezza ma anche la consapevolezza che il limite può essere spostato alla ricerca di un difficile equilibrio nel quale le vette non sono una sfida ma un mezzo per cercare risposte, quando lassù, in bilico fra cielo e terra, hai come  un barlume di pura intuizione, come la sensazione che la montagna ti abbia regalato la possibilità di gettare un sassolino nell’abisso della tua coscienza. (2005)

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Fuga in Ciad

viaggio, tra cronaca e testimonianza, nei campi dei profughi del Darfur fuggiti nella regione di Ouaddai (Ciad orientale)   

Goz Beida - letteralmente Duna chiara - non è che un piccolo villaggio nel Ciad orientale costituito da capanne e case in mattoni di fango che si affacciano su stradine sabbiose. Posizionato lungo un’antica carovaniera che porta a sud verso le verdi pasture del Bahr Azoum (fiume terribile, per le sue piene improvvise), dista solo pochi chilometri dalle rovine dell'antica Sila, una volta importante centro dei sultani Dadjo. Provenienti dallo Yemen ed insediatisi come vassalli nel sultanato del Darfur, si sono infine spostati più a ovest per acquisire maggiore autonomia.

Oggi, altri uomini lasciano un Darfur martoriato da milizie irregolari sostenute da Khartoum per trovare rifugio in uno delle decine di campi profughi lungo i circa 1000 Km di confine fra Ciad e Sudan. Quelli di Djabal (a ridosso di Goz Beida) e di Goz Amer (una cinquantina di Km più a est), sono uno spaccato di sofferenza e vita incoercibile dove migliaia di persone conducono un’esistenza appesa alla provvisorietà, ad attese lunghe come il lento andare di uomini attraverso le pieghe di un continente ferito. Un pezzo di mondo distante anni luce dalle sue migliori intenzioni. (2004) 

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Da Asmara a Tesseney

all'indomani dell'ultimo conflitto fra Etiopia ed Eritrea   

Da Asmara, dove il passato coloniale italiano indugia nelle architetture razionaliste in uno speciale connubio fra modernità e africanità, fino a Tesseney, al confine col Sudan, crocevia dei due paesi e teatro di violenti scontri durante la trentennale guerra di liberazione eritrea dal gigante etiope. All'indomani del nuovo conflitto del 2000 fra le due nazioni "fratelli rivali", una rivisitazione di luoghi densi di motivi affettivi che legano la storia italiana a quella eritrea, quest'ultima, in perenne ricerca di una pace che spesso somiglia troppo ad un'assenza di guerra. (2001)

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Mutoko, profondo Zimbabwe

dentro un difficile cammino in un paese che una volta era la Svizzera dell'Africa  

Mutoko, a nord-est di Harare, è il sito dove sorge l'ospedale missionario "Luisa Guidotti", un'istituzione che ormai da decenni offre cure ad un bacino di circa 1.4 milioni di persone, nonché importante centro di formazione infermieristica. Un piccolo universo che sopravvive, spesso con gravi difficoltà, in un paese devastato dalla crisi economica e dall'AIDS. A dirigerlo è la Dott.ssa Marilena Pesaresi, dal 1963 una vita dedicata all'Africa e ai bisognosi. Shumba Nyama Zyhwa (il leone che sa) è l'appellativo datole dai locali, espressione tutta africana che esprime un felice connubio di forza e saggezza, doti indispensabili per portare avanti un progetto che non è solo un'insostituibile forma di assistenza, ma anche cammino di speranza e dignità. (2000)

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